domenica 12 febbraio 2012

INTERVISTA AGLI A FORA DE ARRASTU
(Pubblicata originariamente su Morire contro nell'Ottobre del 2008)

...Punk-Rock!
Finalmente, dopo mesi e mesi di attesa, ecco che proprio stamani ricevo la mia intervista agli A fora De Arrastu da Bruno, chitarrista del gruppo sardo con cui sono in contatto da anni (se pur molto raramente), “tramite” il quale ho anche coinvolto con grande piacere in due mie compilation su tape il gruppo stesso e colui che ha inoltre risposto a tutte le domande...Comunque, inizialmente eravamo d'accordo che quasi di sicuro avrei messo  questa intervista sul numero nuovo della mia fanza (Disordine #8), ma sta di fatto che di quest'ultima non ho ancora steso nulla e sicuramente, prima della sua uscita, passerà moltissima "acqua sotto i ponti" a causa di numerosi motivi...Ecco che allora la metto sul blog dopo quella dei milanesi Kalashnikov, gruppo che si può in qualche modo affiancare agli A.F.D.A. non tanto per quanto riguarda un ipotetica somiglianza di genere/stile bensi', al contrario, come unicità. Infatti entrambi sono gruppi che hanno caratteristiche espressive e uno "stampo" del tutto distinti, personali e totalmente al di fuori del ricalcamento/riciclo (a volte anche spudorato) di generi, sottogeneri e gruppi (in voga o meno) nella "scena"  Punk-Hc, e io queste cose le adoro. Perchè anche se è giustissimo e normale avere delle influenze e il trasportarle in modo naturale nella "musica" che si crea, comunque il riuscire ad avere un impronta che sia particolare, "marchio" del gruppo e allo stesso tempo anche frutto della fusione di tutti gli individui che ne fanno parte credo che sia un forte esempio di creatività, energia, coesione ed indipendenza. Quello degli A.F.D.A. è lo stile degli A.F.D.A., su questo non ci piove. Inoltre, oltre ad essere un gruppo chiaramente impegnato nei loro testi, ha anche la particolarità del cantato in sardo (a cui si accosta sempre come minimo la rispettiva traduzione in italiano nelle loro stampe), cosa che a me non solo ha fatto simpatia fin da quando li ho sentiti per la prima volta, ma che soprattutto esprime il fortissimo e giusto attaccamento alla loro terra, con tutto ciò che di profondo questo ovviamente significa...Terra sarda che storicamente in qualche modo vive/ha uno spirito potenzialmente incline quantomeno al pensiero libertario o comunque propenso alla lotta contro i numerosi tentacoli dello sfruttamento statalista/capitalista (come lo stesso Bruno dice sotto), ma soprattutto in cui esiste oramai da anni una “scena” punk attiva in particolare a Nuoro, Cagliari e dintorni...Chiudo:stavolta non mi dilungherò molto, anche se sarei un pò tentato di aprire una parentesi/riflessione sulla copertina del Cd split con i Feccia Tricolore che ritengo banale per più di un motivo, però magari lo farò un'altra volta se ce ne sarà modo e se ovviamente ne avrò voglia...
"Buona lettura"...

A.

Cominciamo dal perchè avete tirato su un gruppo (oltre naturalmente al quando e al come), e quindi che cosa vuol dire per voi il "Progetto A.F.D.A."... Bisogna dire che tutto è iniziato in maniera inaspettata e spontanea nell’estate del 2003 quando cinque individui reduci da altre esperienze sonore non particolarmente gratificanti si ritrovano a molestare i propri strumenti per dar vita ad un gruppo hc/punk/rock’n’roll in sardo. In seguito con l’affinarsi delle interazioni è scattata innanzitutto una forte amicizia e una messa in pratica di uno strumento, quello musicale, per diffondere e allargare un discorso antiautoritario che spazia in tutti gli angoli del vissuto e che in quello nostro specifico, territoriale sardo, assume determinate forme. Per questo è nata anche la “Sonos  AFDA”, in contemporanea con un crescendo di scambi e corrispondenze abbiamo dato vita a una fervida  distribuzione di materiale sonoro e cartaceo, organizzando e rendendoci partecipi a iniziative autogestite,coproducendo dischi, etc. Partecipate tutti alla stesura dei testi e della parte musicale? Riuscite senza alcun problema a proseguire all'interno del contesto/gruppo? Avete, fra di voi, differenze anche forti di idee e/o posizioni, oppure siete più affini che altro? La diversità è un aspetto fondamentale per portare avanti certe pratiche e certi discorsi; c’è bisogno di svariate alternative, di idee nuove. E’ nella diversità degli individui, in questo caso affini, che ognuno è in grado di arricchirsi. Io personalmente poi non riesco a fare a meno di vivere o creare inaspettati cambiamenti, così come non riesco a fare a meno di stupirmi con gioia. Tutti componiamo senza che un singolo detti delle guide, un brano spesso parte da un’idea spontanea tirata fuori al momento, oppure da un’improvvisata generale. È per quanto riguarda le parole ognuno di noi porta in sala il proprio testo, che per ora quasi sempre è stato ben accolto dal resto del gruppo, che poi si incastra alla musica in un secondo momento. Ci sono poi le situazioni in cui si scrive a due o tre mani. Quali sono, secondo voi, i passi fondamentali per arrivare ad un radicale cambiamento e quale è la vostra idea di "società anarchica"... Non riesco ad avere una netta visione di un’eventuale “società anarchica” perché mi starei immaginando un ulteriore “sistema”  alternativo a quello vigente. Credo di vivere quotidianamente questa condizione più che vagare nell’astrattezza, anche se è impossibile negare che il mondo in cui viviamo, e che sta all’infuori dalla testa di una persona libertaria, è pur sempre un mondo di merda che va abbattuto e che l’unica via d’uscita è, era e rimane l’insurrezione generalizzata. Soltanto dopo questo ineluttabile e difficile passaggio possiamo pensare, sempre nella pratica autogestionaria, a come ricostruire sulle macerie. Intanto, citando, Shakespeare, “Si vive una volta sola e se viviamo è per calpestare i re”. Parlatemi della Sardegna:dalla "scena" ai comportamenti della gente comune verso determinate iniziative antagoniste (cosi' come i loro approcci verso le idee sovversive in generale), alla terra in quanto tale e cosi' via... Per fortuna non esiste una visione vera e propria di “scena”, nel senso gragaristico del termine (esempio:in America si suona e si veste così allora facciamolo, in Italia si fa questo e quest’altro allora facciamolo, e così via,anche se gli emuli non mancano) o per quanto riguarda la soffocazione delle diversità, ma tanti aggregati di individui che portano avanti le loro cose in svariati modi. Devo dire che il più delle volte sono fuochi di paglia, tentativi mal riusciti di autogestione, talvolta limitati ad alcuni eventi,oppure persone che in sostanza piace solo suonare e nient’altro, per non parlare dei periodi morti. E’ cresciuto notevolmente il numero delle distribuzioni ma parallelamente è diminuito il giro di compere e scambi durante i concerti, un pò perché si è parecchio spianti e un pò per amor di birraInsomma la situazione è variopinta per un’isola grande come la nostra dove il numero degli abitanti è pari a quello della sola. Palermo tanto per intenderci, quindi una realtà per niente metropolitana o cosmopolita con ampi spazi di movimento e riflessione,in cui è normale che certe dinamiche vengono sì prese in considerazione (nella sola Cagliari) ma ancora non attecchiscono, penso ad esempio all’occupazione di edifici. Per quanto riguarda l’approccio della gente verso determinate iniziative antagoniste diciamo che c’è un interesse maggiore rispetto a qualche anno fa specie per quanto riguarda le lotte territoriali contro le basi o le nocività in genere. Manca ancora  una concreta volontà a mettersi in gioco, ad esporsi e a praticare l’azione diretta in toto. Per non parlare degli occasionali rapaci referenti di partiti o movimenti vari che tendono sempre a volersi mettere a capo dei comitati spontanei. La cosa talvolta gli è riuscita, altre gli è andata  male, del tipo che qualcuno è stato anche cacciato via dalle assemblee o dai picchetti come qualche anno fa capitò a Muros – durante l’occupazione di una cava – all’allora presidente della Regione, Mauro Pili. Ora come ora siamo in una situazione piuttosto altalenante;la gente è conscia degli scempi e dei disastri alla salute che comportano le basi militari qui in Sardegna, ad esempio nei pressi del poligono interforze di Pedasdefogu (forse il più grande in Europa), dove si sperimentano armi e propulsori dai contenuti tossici allarmanti. Capita di trovarti in un piccolo paese dove negli ultimi tempi sono nati 80 bambini di cui 21 malformati, tanto per citare un dato. Insomma, si trovano toccati nel profondo e tutto questo va aggiunto all’immiserimento portato avanti dalle politiche capitaliste a livello mondiale ed europeo, fatte per salvaguardare i profitti di pochi potenti sulla pelle di una maggioranza depauperata e repressa;e per questo che ancora vige nel senso comune l’esigenza di un “posto di lavoro” – che una base militare può offrire – dovuta al ricatto occupazionale a sua volta incentivato dalla rapina legale delle risorse e del territorio. Per il resto è innegabile che nell’isola vi è un forte senso di appartenenza e di attaccamento alla terra, è ormai più di un millennio che i colonizzatori di turno si equipaggiano quanto meglio nel portare avanti un processo di deculturizzazione sistematico; la Sardegna rimane una zona franca dove ancora oggi resiste questo senso di appartenenza alla natione – non nel senso statale o istituzionale del termine, attenzione, quanto una congiunzione naturale ai propri fattori culturali ancestrali (lingua, agro pastorizia, usi, costumi, vita sociale senza intermediari, refrattarietà), ad un senso di giustizia anti-Stato,ai confini naturali. Da qui l’adoperarsi dello Stato italiano nell’impedire a tutti i costi un amalgama tra il ribelle sociale e le realtà libertarie-rivoluzionarie. Se qualcuno di voi trovasse per esempio in un parco una valigetta con dentro cinquecentomila Euro, che ne farebbe di tutti quei soldi? Mah…Potrei comprarmi mediaset, la repubblica di San Marino, una tenuta con 3-4 macchine, piscina comfort di ogni genere, sposarmi, figliare, deprimermi e suicidarmi (con la lapide compresa nel prezzo ovviamente). Boh, che cazzo ne so dovrei averli in mano per poterlo dire. Che ne pensate della pornografia in quanto tale, e quindi non solo di quella che è chiaramente un prodotto da mercificare? Rispettate ad esempio chi la fa in modo autogestito cosi' come chi, comunque, in qualche modo la consuma da spettatore, al di là delle sue varie forme? Sento spesso associare la pornografia al sessismo o allo sfruttamento di persone, spesso minori, per la realizzazione di video o filmati. Credo che le due cose siano opposte e vadano viste su due o più piani differenti; chi obbliga un individuo a fare determinate azioni allo scopo di sfruttarlo va visto come un’infame spregevole da annientare, chi invece sceglie di sua spontanea volontà di praticare la pornografia è un individuo che attua tale scelta indipendentemente da rapporti di forza. Quindi la pornografia intesa come arte, o come espressione di uno o più corpi non è accostabile al concetto di sessismo, per la quale si intende l’affermarsi della prevaricazione di un sesso sull’altro. Io non sono mai stato un consumatore di pornografia ma rispetto chi lo fa senza sentirsi sessuofobo o represso, cosa che invece spesso può condurre a situazioni poco piacevoli dovute alla mancanza di un reale piacere-confronto-gioco con una o più persone amate. Credete che vi siano ancora forti discriminazioni sessuali, all'interno del "circuito Punk/Hc"? Discriminazione è anche diversificazione e non soltanto dividere in categorie, quindi va bene quando nel libero confronto e scambio non esiste prevaricazione da parte di un sesso verso l’altro, oppure per quanto riguarda chissà quali pareggiamenti di diritti da parte di alcune femministe, perché il diritto è libertà ma secondo la legge, e la legge dello Stato è patriarcale per natura. Il problema che poni te quindi non sta all’interno del circuito “Punk/HC” ma è in generale, nella totalità del vissuto; il rispetto è il valore di un individuo sono fondamentali non solo per chi lotta quotidianamente contro ogni autorità, ma anche per chi queste le subisce per lo più inconsciamente. Molti si mettono il problema del perché esistono sempre meno gruppi al femminile o ragazze che impugnano uno strumento, beh…Io invece la vedo diversamente:amo vedere ragazze reagire con le dovute maniere agli atteggiamenti  macho/sessisti, più donne in grado di non farsi calpestare,ogni giorno, in ogni istante. Quali sono le cose che detestate di più nella vita di tutti i giorni? Non basterebbe un numero intero della tua fanzine, credimi…Anzi possiamo provare a coprodurre un pamphlet, depliant, opuscolo o come lo si vuole chiamare, a tema con scadenza più o  meno settimanale dove ogni volta si esamina un’unica cosa che detestiamo;tipo vol.1 ”La fila alla posta”, oppure vol.2 “Chi ci butta il fumo del sigaro in faccia”, e via dicendo… L'amore autentico, quello viscerale, sanguigno ed incontaminato, da sempre e anche adesso non esiste ma...dove è un pò di forte onesta'? Dove è che manca almeno in buona parte la paura, e quindi una fetta più o meno consistente dell'opportunismo e della menzogna che inevitabilmente ne conseguono? Voi riuscite davvero a non mentire mai o  quasi, e quindi ad essere per lo più istintivi? Come si può parlare di antimilitarismo ed altro ancora se non si riesce prima ad amare veramente se stessi, a trovare una sorta di equilibrio proprio, ad essere sinceri e semplici e quindi a non giocare ad attacco e difesa nei rapporti con gli altri? L’onestà dovresti trovarla nelle persone con cui hai la massima fiducia e affinità coltivata nei tempo. Diciamo che dipende da come instauriamo i rapporti noi stessi con gli altri; l’onestà dataci da persone che non ti aspetti e poi una sensazione davvero eccezionale. La menzogna fine a se stessa è qualcosa che ancora spadroneggia anche perché si pensa che comportandosi in determinati modi si risolvano le situazioni e invece le si stanno semplicemente raggirando, e questo lo vedo come una mancanza di rispetto bella e buona. Invece mentire senza danneggiare nessuno e se stessi, quindi in buona fede, talvolta è utile e benefico. Poi per quanto riguarda il discorso anti-militarista; non riesco ad avere un approccio così complicato, per come poni te la questione .Mi spiego:all’interno di una lotta antiautoritaria, antigerarchica, autogestionaria, ecc, è normale che subentra il coltivare ognuno come meglio crede le proprie conoscenze, le esperienze dirette. Anche quando subentrano gli scazzi e le gioie, bisogna sentirci quanto più noi stessi, ovvero io/tu assieme a coloro che hanno deciso di intraprendere una battaglia in compagnia in modi che risultino quanto più efficaci e mai recuperabili dal nemico,s empre in funzione di un obiettivo che, in questo caso, è e rimane la distruzione delle basi militari. Quindi parlare di equilibrio in momenti del genere è qualcosa che contrasta con gli intenti e le possibilità e le forze con cui di volta in volta ci ritroviamo a fare i conti, altrimenti che si vuole fare? La vita del missionario predicante pacifismo e tolleranza? E qui mi allaccio al tuo ultimo quesito:l’attacco è necessario, certo senza che ci si rivolga contro, a difenderci siamo ancora un tantino troppo obbligati. Da chi? Innanzitutto oltre che dalla repressione sempre più feroce, da noi stessi, talvolta da pratiche ostruzionistiche fatte di dogmi, ideologie e aria fritta, altre volte dalla mancanza di voglia di osare e farla finita con il quieto vivere sempre più incalzante.

Gli A.F.D.A. sono:
Bebbu Mameli - Ghitarra e boxi
Claudiu Kasti - Bassu e boxi
Davidi Colhu - Bateria
Brunu Valdes - Ghitara e boxi
E-mail:sonosafda@hotmail.it

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