domenica 2 giugno 2013


ANTIPSICHIATRIA
(PARTE TERZA)

Cos’è reale e cosa non lo è? Ci insegnano a credere solo ai nostri occhi. Poi dicono che non dobbiamo sempre dar retta a ciò che vediamo e sentiamo. E’ questo che chiamano normalità. Questo saper sempre scegliere quando credere alle nostre orecchie e quando far finta di non sentire. Di cosa possiamo parlare e cosa invece dobbiamo tenere per noi. La normalità è una trappola. Una sorta di tela di ragno in cui, una volta presi, ogni nostro movimento ci intrappola sempre di più. Dobbiamo stare immobili, non fiatare, sperare che il ragno ci creda già morti, per continuare ad esistere, non importa come e perché. La normalità è il silenzio. Le cose, i corpi, il vento e la terra non ci parlano più. Fanno solo rumore. La realtà, al contrario, è una mappa di suoni. Ogni suono ha il suo posto. Ogni suono è un posto in cui troviamo qualcosa. Se sentiamo una voce, pensiamo che ci sia qualcuno o che qualcuno stia arrivando. La nostra voce è un segnale che ci fa trovare. Laddove sono le nostre parole, lì siamo noi. Ancor prima di esser visti, siamo sentiti. Ancor prima di essere corpo, siamo suono. Molti fra noi sentono voci e vedono persone invisibili agli altri. Voci che chiedono aiuto o che minacciano. Voci che spiano o che rivelano. Voci e persone disincarnate che vengono da (e indicano) luoghi impossibili. Una mappa di suoni e visioni che costruisce un’altra realtà. Queste voci sono forse richiami o echi dagli infiniti mondi di fuori e di dentro a cui il nostro corpo e la nostra mente appartengono. Tracce che ci portano fuori dalle colonne d’Ercole. Sentieri di conoscenza. Suoni e visioni che possiamo imparare a sentire, ma che non possiamo ignorare. Realtà che possiamo imparare ad esplorare, ma che non possiamo negare, se non al prezzo di distruggere i sensi e il cervello di coloro fra noi che li percepiscono e li traducono nel linguaggio e nei suoni correnti.  Distruggere l’essere ricevente per bloccare la comunicazione dell’essere trasmettente. Interrompere il contatto. Isolarlo dal mondo. La psichiatria ha fatto finora questo. Ci ha chiamati "malati di mente" e ha chiamato "allucinazioni" le nostre esperienze e visioni. Ci ha distrutti e terrorizzati. Costretti ad abbandonare ogni cosa e a scegliere fra il silenzio della normalità e i suoni infiniti della follia. Senza scampo. Abbiamo provato di tutto, perché non provare ad ascoltare?

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