sabato 26 gennaio 2013

La Cassa antirepressione delle Alpi occidentali nasce nell'autunno del 2000, con lo scopo di coordinare, tra alcune realtà ed individualità anarchiche presenti tra arco alpino e piana piemontese, la raccolta di fondi destinati ad interventi antirepressivi e di solidarietà nei confronti dei prigionieri con cui queste realtà hanno contatti, amicizie o affinità. La necessità di dedicarsi con costanza alla resistenza nei confronti degli attacchi della repressione e di garantire, a chi finisce in galera, contatto e appoggio da parte di gruppi o persone sensibili alla questione carcere è il presupposto su cui si articola tale iniziativa. Siamo convinti che i risultati dati da quest'attività siano soddisfacenti, che la scelta di dotarci di questo strumento si sia rivelata decisamente utile, e riteniamo quindi che il mantenimento, ed il riprodursi anche in altre zone di casse di resistenza locali sia un tassello importante nella crescita di un'attività antirepressiva costante, capillare ed efficace. Per contatti:rebeldies@libero.it
IL CARCERE DI BERGAMO MIETE L’ENNESIMA VITTIMA

Nella giornata del 24 Gennaio 2013, un detenuto nel carcere di Bergamo si è tolto la vita. Dei suoi compagni di prigionia si erano accorti che nell’aria c’era qualcosa che non andava e hanno dato subito l’allarme, ma le guardie accorse non hanno voluto aprire le sbarre immediatamente. Quando lo hanno fatto, ormai era troppo tardi. Non sappiamo ancora quale era il suo nome, sappiamo solamente che era originario della Colombia. L’informazione ci è pervenuta dalla moglie di un detenuto rinchiuso in quella sezione. Seguiranno ulteriori aggiornamenti. Proprio lo stesso giorno, anche a Terni, un detenuto di origine marocchina di 56 anni si è tolto la vita impiccandosi con il lenzuolo alle inferriate delle finestre. E così sale già a quattro il numero dei morti per suicidio nelle carceri italiche a partire dal primo Gennaio, in totale tredici se consideriamo anche altri fattori, quali malattie, ecc. Una situazione sempre più drammatica e incontenibile. La brutalità della segregazione e dell’annientamento, fisico e psicologico, rende l’uomo paragonabile ad una bestia rinchiusa tra le gabbie. Il tentativo di liberarsi da queste porta inesorabilmente al compimento di gesti estremamente aggressivi, violenti, ed in alcuni casi portano anche al suicidio. Proprio la scorsa settimana ci arrivò la notizia da parte di una madre di un detenuto, dell’estrema situazione in cui riversa suo figlio, in un ormai perenne stato di psichiatrizzazione indotto tramite l’utilizzo di neurolettici e di benzodiazepine (sedativi ed ansiolitici). Sono più di 200 i detenuti a cui vengono somministrati regolarmente psicofarmaci. Attualmente nel carcere di Bergamo sono rinchiuse più di 500 persone, con una capienza “regolamentare” di 332.

GRUPPO ANTIAUTORITARIO CONTRO CARCERE E REPRESSIONE
Via Furietti 12/B, 24126 Bergamo
(
gaccr2012@gmail.com)



In seguito alle pesantissime condanne a 6 anni di reclusione e 60.000 € di risarcimento inflitte, lo scorso 7 Gennaio, ai 6 ragazzi accusati di essere coinvolti negli scontri avvenuti nella capitale il 15-10-11, Azione Antifascista Teramo chiama all’appello tutti i gruppi, i movimenti e i singoli individui che si riconoscono nelle lotte e che vogliono dimostrare la loro solidarietà e vicinanza con i fatti, oltre che con le parole. Sabato 9 Febbraio 2013 si terrà a Teramo un corteo nazionale le cui finalità saranno:1_Esprimere la massima solidarietà a tutti i condannati, gli arrestati e gli inquisiti per i fatti del 15 Ottobre 2011; 2_Rispondere in maniera forte ed unitaria alla repressione che ogni giorno colpisce chi ha la forza e il coraggio di non abbassare la testa e si ribella allo Stato di cose attuale; 3_Lanciare la battaglia contro il codice Rocco ed in particolare contro il reato di devastazione e saccheggio e tutte quelli leggi in forza delle quali ai singoli questori viene garantito il potere di limitare, in maniera del tutto discrezionale e priva di controllo, la libertà individuale attraverso l’emissione di fogli di via, avvisi orali e misure di prevenzione in generale. Chiediamo a tutte le realtà e a tutti i singoli che intendano rispondere alla nostra chiamata di organizzarsi sin da oggi per raggiungere e far raggiungere Teramo nella giornata di Sabato 9 Febbraio 2013, e di farsi carico di diffondere, ognuno nei rispettivi territori, questo nostro appello attraverso qualsivoglia mezzo. Chiunque voglia dare la propria adesione formale alla manifestazione, sottoscrivere l’appello, fornire contributi ed essere aggiornato su tutto ciò che riguarderà il corteo può inviare una mail all’indirizzo:teramo9febbraio2013 @gmail.com

giovedì 24 gennaio 2013

 AGGIORNAMENTO SULLA SITUAZIONE REPRESSIVA GENOVESE IN RIFERIMENTO AGLI ARRESTI ED ALLE MISURE CAUTELARI DEL 12 DICEMBRE PER LA RESISTENZA ALLO SGOMBERO (AGOSTO 2012) DELLA CASA OCCUPATA GIUSTINIANI 19 

Le misure richieste dal PM Vincenzo Scolastico e approvate dal GIP Marina Orsini sono state rigettate per i 4 arrestati - quindi liberati Enrico, Mattia, Sofia, Christian - e per uno dei costretti alle firme dal riesame del 27 Dicembre che si è pronunciato il 29. Il riesame successivo del 10 Gennaio, per gli altri 6 compagni sottoposti a misura, ha invece confermato la misura cautelare nella forma delle due firme quotidiane per quattro compagni annullandole per altri due. Quindi rimangono 7 le persone sottoposte a misura (4 per questa indagine, 3 per una precedente - manifestazione operai Fincantieri - ormai dal Marzo scorso).

 SOLIDARIETA' A TUTTI GLI INDAGATI

NO TAV:SCARCERATO JUAN

Stamattina 21 Gennaio nel tribunale di Torino si è svolta la seconda udienza del “processone” NO TAV. Non eravamo numerosx tuttavia sufficienti a far sentire la nostra presenza. Visto il piccolo numero di compagnx l’udienza è stata spostata dall’aula maxi in una meno spaziosa. Qui, dopo l’appello, contornato da un lungo parlottare fra corte e avvocatx che l’attorniavano, la prima ha annunciato lo spostamento della sede del processo nell’aula bunker del carcere delle Vallette (in quanto, questa la versione ufficiosa della corte, ”non c’è disponibilità di aule”) e il seguente calendario:la prossima udienza si terrà (nell’aula bunker) il 1° Febbraio con inizio alle 9,30; al centro del processo quel giorno ci sarà l’accorpamento al “processone” delle compagne e dei compagni “rinviatx a giudizio” il 19 Dicembre 2012; l’udienza immediatamente successiva è fissata invece per il 14 Febbraio, quando verrà affrontato il “vizio di forma” riguardante una compagna, per passare subito dopo ai “preliminari”, cioè all’inizio vero e proprio del processo. Questo nelle intenzioni della corte. Prima della conclusione dell’udienza un compagno è riuscito a leggere un appello preparato al volo un pò da tuttx, per la liberazione immediata di Juan (il solo dell’inchiesta NO TAV sottoposto ancora alle “misure cautelari” seppur ai domiciliari), a cui sono seguite le urla “Juan libero”, “Liberi tuttx” lanciate da tuttx noi. Subito dopo si è sviluppata un’assemblea fra le/i NO TAV presenti. Qui è stata assunta la volontà di far propria la chiamata generale lanciata nei giorni scorsi dalla valle sulla mobilitazione per l’udienza del 1° Febbraio contro il tentativo di bunkerizzare il processo, cioè di chiudere il movimento NO TAV nella morsa della “pericolosità sociale”, dell’ “emergenza” e peggio. Lo spostamento del “processone” nell’aula bunker adiacente ad un carcere in realtà implica l’isolamento del processo dalla popolazione, il tentativo di intimidire ulteriormente attraverso compagne e compagni “imputatx” l’insieme del movimento di resistenza e di elevare il peso delle condanne. Così il 1° Febbraio siamo tuttx chiamatx davanti all’aula bunker del carcere delle Vallette (Viale Regina Margherita, 242) per respingere il tentativo di bunkerizzare il processo con un presidio combattivo unito a diverse modalità di presenza in quell’aula compresa naturalmente la volontà dell’immediata scarcerazione di Juan.  Il mattino del gorno seguente è arrivata la notizia della scarcerazione di Juan, ora imbrigliato “soltanto” nel “divieto di dimora nella provincia di Torino”.  Un abbraccio al compagno da tuttx noi.

sabato 19 gennaio 2013

NO MUOS:NISCEMI (CALTANISSETTA) INVASA DA CENTINAIA DI FORZE DI POLIZIA

Con inaudita violenza sono stati rimossi i blocchi dei manifestanti per il passaggio del convoglio con i mezzi per il montaggio delle antenne MUOS (le quali costituiscono un impianto di comunicazione per l'esercito U.S.A, e l'esposizione alle loro onde elettromagnetiche può uccidere in pochi minuti, n.d.r.). Alle 22,30 della sera del 10 Gennaio é stato avvistato il convoglio con 4 camion e 2 gru della ditta COMINA scortati da numerosi reparti d’assalto di Polizia e Carabinieri lungo la Statale Catania-Gela. Il convoglio partito da Belpasso per evitare il transito attraverso la città ha proseguito lungo la SS115 per poi risalire da C.da Terrana a sud della base militare di Niscemi. Alle ore 00.30 gli occupanti del presidio, situato a Nord della base per timore di non riuscire ad impedire il passaggio del convoglio si sono mobilitati e diretti in C.da Terrana. Nelle stesse ore Niscemi veniva invasa da decine di truppe di Polizia e Carabinieri che hanno effettuato innumerevoli posti di blocco nei punti nevralgici di transito verso la base militare, non permettendo il passaggio delle persone, creando numerose difficoltà anche ai residenti che alle prime ore del giorno si recavano al lavoro. Cio’ nonostante, numerosi attivisti e cittadini (allertati da internet e SMS) si sono recati in C.da Ulmo ma le forze di polizia schierate presidiavano tutti gli accessi ed hanno impedito a tutti di proseguire in direzione del convoglio, né di accedere al presidio di C.da Ulmo. Solamente gli attivisti che già si trovavano al Presidio di C.da Ulmo sono riusciti a raggiungere il convoglio in C.da Terrana. All’1.30 del mattino, in C.da Gallo (al bivio tra il borgo di S.Pietro e Caltagirone) si è tenuto un primo blocco da parte del Comitato NO MUOS di Niscemi unitamente ad alcuni membri di altri Comitati che sono riusciti a sopraggiungere nel frattempo da altre città. Le forze di polizia in tenuta anti-sommossa hanno reagito duramente e con violenza. Hanno effettuato alcune cariche, ma nonostante l’impeto dei poliziotti i manifestanti sono riusciti a resistere ai blocchi sotto le manganellate per alcune ore. La dinamica del blocco è stata estremamente dura, i manifestanti ripetutamente si opponevano con il corpo al passaggio dei mezzi pesanti in maniera pacifica, ma le forze dell’ordine, incitate dai capi dell’operazione, non rinunciavano ad utilizzare le maniere forti per rimuovere fisicamente gli attivisti con numerose cariche. Il convoglio alle 3.30 dopo ore di resistenza è riuscito a passare e a proseguire lungo la Strada Provinciale che porta alla base militare. Dopo aver superato il primo blocco alcuni reparti hanno impedito ai manifestanti di spostarsi per almeno un paio d’ore, assicurandosi che non riuscissero a raggiungere altri manifestanti che nel frattempo arrivavano dalla città. Altri attivisti che arrivavano dalla Città sono riusciti a superare i posti di blocco e a raggiungere la Strada Provinciale in posizione utile per effettuare un presidio per impedire il passaggio del convoglio. Alle ore 4. 00 circa nei pressi di C.da Vituso (lungo la S.P. Niscemi-Caltagirone) viene effettuato un secondo blocco stradale in maniera pacifica e civile. Nonostante che l’opposizione fisica dei manifestanti fosse del tutto serena, le centinaia di forze dell’ordine che scortavano il convoglio, anche questa volta non hanno esitato ad utilizzare le maniere forti per rimuovere fisicamente i singoli manifestanti. Dunque, dopo ore di resistenza civile, il convoglio è riuscito alla fine ad accedere alla base militare intorno alle 4.30 scortato e protetto da centinaia di agenti di Polizia e Carabinieri. Alle ore 5.30 i manifestanti sono riusciti a ritornare al presidio di c.da Ulmo ed hanno indetto un’assemblea immediata ed urgente, dopo un breve dibattito si è deciso di allertare ed informare la città di Niscemi del grave fatto accaduto. Alle ore 6.00 presso il Largo Spasimo si è tenuto un breve comizio rivolto ai niscemesi che si recavano al lavoro nelle campagne. Il presidio di C.da Ulmo denuncia il grave fatto accaduto questa notte, un invasione armata da parte dello Stato ha di fatto impedito l’esprimersi del territorio. Con la forza lo Stato ha voluto impedire che la popolazione che ospiterà questa installazione decida se accettare o meno il prezzo da pagare in termini di salute, pace e inquinamento.

venerdì 18 gennaio 2013

ALESSANDRIA, 24 GENNAIO:PRESIDIO CONTRO CAVE E DISCARICA

Martedì 22 Gennaio (alle 10:00 in Via Galimberti n.2 , n.d.r.) si terrà ad Alessandria la Conferenza dei Servizi per decidere le sorti del territorio dell’acquese dove hanno intenzione di impiantare le cave per lo smarino di quell’opera dannosa ed inutile denominata Terzo Valico e per la discarica di rifiuti speciali in località Cascina Borio a Sezzadio (AL), il cui appalto è stato assegnato alla ditta Riccoboni s.p.a. Ribadiamo per chi non fosse ancora a conoscenza del problema che lo smarino è il materiale escavato dalla “talpa”, ovvero quell’enorme macchinario utilizzato per perforare le montagne e  che necessita di agenti chimici altamente inquinanti (per rendere friabile la roccia o per indurire il terreno) i quali si troveranno insieme a terra e roccia e verranno usati per riempire le “cave” (più di cento nella sola provincia di Alessandria). Ma non solo. Nel progetto dell’Alta Velocità il tunnel scavato per il Terzo Valico passerà attraverso le montagne del paese di Voltaggio (AL), particolarmente ricche di amianto. Quell’amianto tristemente noto per la vicenda Eternit il quale continua a mietere vittime a Casale Monferrato e dintorni e che, se mai inizieranno i lavori per il treno ad alta velocità, verrà sparso per l’intera Provincia dai camion che trasporteranno lo smarino. E per la sola zona dell’acquese ne sono previsti centinaia di migliaia di metri cubi! La destinazione della Cascina Borio invece, sarà quella di discarica di rifiuti non pericolosi. Con tale dicitura si intende nascondere una realtà ben diversa e molto più atroce perché si scaricheranno terre di bonifica di altri siti contenenti metalli ed altri materiali nocivi  e cancerogeni e con il grave rischio di inquinare irreversibilmente la falda idrica sottostante la cascina. Falda  con acqua buona che può soddisfare le esigenze di circa duecentomila persone. Il presidio popolare che si terrà in concomitanza alla conferenza dei servizi esprime una volontà collettiva a rigettare l’alta velocità e a tutelare il territorio della nostra Provincia, già duramente provato, contro ulteriori nocività. Per questo motivo invitiamo i cittadini, i/le Compagn*, i NO TAV, le associazioni, i comitati contro il Terzo Valico a dare il loro appoggio per contrastare simili progetti inutili e dannosi.

CONTRO IL TERZO VALICO.
CONTRO OGNI NOCIVITÀ E QUESTA SOCIETÀ CHE LI CREA.
FERMARLI SI PUÒ, FERMARLI SI DEVE.  

COMITATO AUTOGESTITO NO TERZO VALICO
LETTERA DI SANTO, PRIGIONIERO IN ISOLAMENTO

Ciao carissimi compagni, chi vi scrive è un compagno di Maurizio Alfieri. Maurizio mi ha parlato molto bene di voi e allora mi sono sentito di prendere carta e penna e scrivermi la mia sofferenza. Mi chiamo Santo, sono di Catania, vivo a Milano e ho 38 anni. In questo momento sto passando dei momenti brutti e molto tristi per la morte di mio padre. Ma questo mi dà più forza per combattere il mio problema e spero che la mia testimonianza spingerà qualcuno ad aiutarmi e a fare sentire la mia voce tramite voi compagni e Internet. Io sono portatore di bendaggio gastrico, pesavo 188 kg, ne ho persi più di 80 e ho bisogno di controlli periodici specializzati presso il policlinico di Milano (padiglione Zonda, dottor Mozzi). Dovrei andare ogni 6 mesi per come hanno dichiarato i periti in sentenza. Ma è da Giugno 2011 che non faccio controlli. Sono stato accusato sulla base di “voci confidenziali” ritenute attendibili di essere mandante, capo sommossa e capo promotore di rivolte ecc. ecc. E mi trovo in isolamento da Dicembre 2011 come un cane. Mi hanno sanzionato con gli articoli più gravi (art. 3,4,5 e 39 OP) e applicato la G.S.C. (Grande Sorveglianza Custodiale) da reato comune. Tutto ciò perché ho lottato per i mie diritti alla salute. Ogni 6 mesi mi trasferiscono senza darmi cure né spiegazioni (da Catania a Caltagirone, Caltanisetta, Trapani, Favignana, Ucciardone, S. Vittore, Opera, Biella e ora Saluzzo). Ora è da Marzo 2012 che aspetto un’operazione all’epidermide cutea DX, è per questo che se ne lavano le mani perché abbiamo fatto denuncia per danni permanenti e si spaventano ad operarmi. Ho scritto a Riccardo Arena (radio carcere) con tutta la documentazione ma siccome il tutto scotta non ha fatto niente perché c’è da combattere per gli abusi che sto ricevendo, ma io li affronto giorno per giorno sì che loro hanno paura perché io mi faccio rispettare. Spero che avrò la solidarietà dei vari compagni così mi faranno compagnia e potremo combattere assieme per i nostri ideali che sono la libertà di uomini liberi. Ora vi saluto con affetto e stima. Il vostro compagno carcerato, Santo Galeano.

(Da Informa-azione)

P.S. Maurizio ci informa che Santo (il quale aveva accluso alla lettera la documentazione medica e il cui stato di salute è ancora peggiore di quanto non emerga dalle sue parole) è stato di nuovo trasferito, questa volta a San Vittore.

Per scrivergli:
Santo Galeano
Casa circondariale di Milano San Vittore
Piazza Filangieri 2, 20123 MILANO

martedì 15 gennaio 2013







SABATO 26 GENNAIO, A GENOVA, GIORNATA DI PROTESTA CONTRO AIR FRANCE - KLM

Una dopo l'altra, tutte le compagnie aeree stanno cedendo alla pressione del movimento di liberazione animale, accettando di assumere politiche aziendali che prevedano il rifiuto di trasportare animali per i laboratori di sperimentazione. Ultima in ordine di tempo a fare questo passo è stata United Airlines, azienda sino a poco fa fondamentale per il  rifornimento di primati dei laboratori nordamericani. Il quadro attuale vede il ruolo di Air France-KLM farsi ancora più chiaro e definito:se questa azienda smettesse di servire il mercato della vivisezione, diventerebbe quasi impossibile riuscire ad importare primati dai paesi "produttori" ai laboratori occidentali a prezzi abbordabili per i vivisettori. Da oltre un anno una determinata campagna internazionale ha questa azienda come obiettivo primario con proteste che si alternano settimana dopo settimana in diverse parti del mondo. Fermare Air France-KLM ed il trasporto di animali per la vivisezione è possibile. Fermarli tocca a noi.


Dalle 12:00 - Protesta all'Aeroporto C. Colombo (area partenze). Dalle 15:30 - Tavolo informativo sulla vivisezione con proiezione di video e filmati (Via XX Settembre). Informazioni sulla campagna in corso contro Air France-KLM:In Italiano - http://www.nemesianimale.net/vivisezione/destinazione-inferno/. In Inglese (sito della campagna "Gateway to Hell") - http://www.gatewaytohell.net/

domenica 13 gennaio 2013

 COMUNICATO DEGLI OCCUPANTI DEL MACERIA DOPO LO SGOMBERO

Martedì 8 Gennaio, alle 7 di mattina, un ingente schieramento da guerra, forte di diverse pattuglie di
Municipale, Carabinieri e Polizia (sotto l'egida del neo-questore Salvatore Sanna, quello che nel 2005 sgomberò su una ruspa il presidio di Venaus in Valsusa), ambedue questi ultimi supportati da reparti celere fatti arrivare apposta da Bologna, e coadiuvati dai soliti Vigili del Fuoco, si è presentato in Via Maceri 22 con il proposito, alfine riuscito, di sgomberare un edificio di tre piani di proprietà comunale, chiuso e vuoto da sei anni, che era stato ridenominato MaceriA occupato dai volenterosi che lo avevano liberato dalla muffa del tempo il 23 Novembre scorso. Via Maceri e la parallela Via Nullo sono state completamente militarizzate e bloccate al transito per effettuare lo sgombero, sequestrando in questo modo contemporaneamente anche i residenti, impossibilitati ad uscire liberamente dalla propria casa o recarsi al lavoro. I Vigili del Fuoco, come ormai ci hanno abituato in questi anni, facendo il lavoro sporco per conto della Questura e del Comune di Forlì sono riusciti a forzare con l'ausilio di una sega circolare e piedi di porco le porte rinforzate dagli occupanti, dando avvio all'incursione degli sbirri. Da quanto si legge sui giornalacci locali, che riportano il parere del dirigente della Digos, Maurizio Maccora, coordinatore dello sgombero, il fatto che il portone d'ingresso fosse stato rinforzato mostrerebbe chiaramente che si era preparati allo sgombero. Questo fatto ci sembra addirittura banale, visto che c'era un'ordinanza di sgombero, firmata dal sindaco di Forlì, Roberto Balzani, risalente al 1 Dicembre. Non ci stupiamo che ci si stupisca all'idea del nostro essere pronti a ricevere i signori che puntualmente si sono presentati l'8 Gennaio per sgomberare il MaceriA occupato. Abituata com'è a sonnecchiare immersa nella propria passività, la maggioranza silenziosa non crede possibile che esistano persone che provano a resistere coi mezzi di cui dispongono alla sottrazione dei propri desideri. Eccome se li aspettavamo! Una volta entrati, dopo la ventina di minuti necessari per segare il portone, gli sgherri in divisa sono saliti per le scale, tagliando lucchetti e catene di ulteriori porte, e superando diverse barricate, fin dentro le stanze in cui si trovava in quel momento una decina di occupanti. Anche se non è stato uno sgombero di quelli più duri, per la posizione in pieno centro dell'edificio, al contrario di come avrebbe dovuto essere quello del Borghetto occupato a Forlì nel Maggio 2011 (purtroppo per i picchiatori in divisa, quella volta non trovarono nessuno), non si può dire comunque che sia stato un intervento soft. Difatti, alcuni occupanti sono stati trascinati di peso per svariati metri, un altro afferrato per il collo, un altro ancora minacciato di rappresaglie future. Una ventina di digossini e celerini sono intervenuti anche sul tetto, arrampicandosi l'uno sull'altro da un cortiletto interno dello stabile, dove erano saliti due degli occupanti. Gli sbirri, pur di portare a termine il prima possibile l'operazione, hanno continuato a dirigersi verso i due spingendoli in un angolo, senza prima mettere in sicurezza un bel nulla (non c'erano nemmeno i cuscini gonfiabili di cui qualcuno ha parlato), rischiando che qualcuno si facesse male sul serio. Nel mentre tutto questo accadeva, sono accorsi sul posto una 50ina di solidali, con striscioni e megafono, rimasti davanti ai blocchi della celere per ore, e la cui presenza ha permesso agli occupanti, una volta fatti uscire (dopo circa un'ora dall'intervento), almeno di portare fuori la loro roba e trasportarla altrove con mezzi propri, operazione che si è conclusa verso le ore 13:00. Gli operai del Comune (che si sono anche distinti nel rubare alcuni degli atrezzi degli occupanti - una sega, un martello ed uno scalpello - prontamente recuperati) hanno fatto il resto, murando le porte di accesso dello stabile che davano sulle due vie (anche di quella parte in cui gli occupanti non erano entrati, e in cui sono state oltretutto anche saldate le saracinesche in ferro delle finestre al piano terra), mentre celere e pattuglie locali hanno presidiato la zona fino a tarda serata. Nei giorni successivi sono stati distribuiti ed attacchinati volantini nel quartiere da un nutrito gruppo di ex occupanti e solidali, che hanno chiarito ai residenti le modalità dello sgombero, lanciato nuovi appuntamenti e ribadita l'intenzione di non abbassare la testa, né dopo lo sgombero, né dopo le sicure denunce che arriveranno (i giornali, riprendendo fonti questurine, riferiscono di una decina di denunce, per ora). Il MaceriA occupato era nato come una TAZ (occupazione temporanea) di tre giorni, ha invece resistito per un mese e mezzo. Abbiamo deciso di occupare uno spazio che il Comune aveva lasciato chiuso per anni, in stato di abbandono e con mire speculative che agiscono nascostamente (un progetto privato della Fondazione Cassa di Risparmio di Forlì mira a demolire tutto e a costruire al suo posto un parcheggio sotterraneo e negozi commerciali, il tutto con fondi della Cassa Depositi e Prestiti che gestisce i risparmi postali, quindi pubblici), come forma di riapproriazione diretta di molteplici necessità. La decisione di continuare l'occupazione anche dopo i tre giorni che si erano pensati è avvenuta collettivamente dopo aver visto crescere il sostegno attorno a questa esperienza, da parte di tanti individui ed anche del quartiere stesso. Infatti, sin dal primo momento, molti residenti di questo che è un quartiere di case popolari ci ha espresso simpatia ed apprezzamento, sia a parole ma anche con gesti quotidiani come l'offrirci vino fatto in casa, cibarie ed anche una cesta natalizia per le festività. Noi abbiamo contraccambiato i favori, rendendo disponibile per il quartiere frutta e verdura recuperata al mercato, che mettevamo ovviamente gratuitamente in una cassetta sopra un tavolo di fronte alla porta e aprendo la stessa a quanti volevano conoscerci e conoscere lo spazio. I giornali locali, all'indomani dello sgombero, hanno scritto che lo stabile era stato liberato, ma se vi è stata liberazione, concettuale e pratica, è stata quando gli occupanti vi sono entrati quel 23 di Novembre; liberazione è quella mostrata e praticata dagli individui che hanno vissuto la libertà della riappropriazione in modo totale e diretta, senza compromessi, assieme. Una liberazione che prima di tutto significa liberazione di noi stessi, delle nostre paure. Liberazione dalle costrizioni che relegano i nostri desideri a sogni irrealizzati e irrealizzabili. Ed è per questo che l'offerta del Sindaco di Forlì di, forse, concederci due stanzette se ci fossimo costituiti formalmente in un'associazione legalmente riconosciuta partecipando poi ad un bando di assegnazione, è stata rifiutata. Non perchè queste due stanzette fossero vicine alla questura, ma perchè l'incasellare la nostra azione in una volgare forma di acquiescenza legale ci dà il voltastomaco. Un associazione legale prevede responsabili, presidenti, cariche sociali, quote d'iscrizione, tessere e così via. Più l'immancabile censura e leggi e leggine alle quali inchinarsi. Noi non vogliamo capi, non riconosciamo responsabili se non la responsabilità di ognuno di noi, rifiutiamo l'idea stessa di tessere e carte d'identità per entrare in un qualsiasi spazio. A Forlì già in passato qualcuno commise l'errore di farsi sedurre dalle promesse istituzionali, quando nel 2002 venne occupato il Maudit:dopo essersi costituito in associazione un gruppo di quegli occupanti accettò le condizioni dettate dal Comune e diede vita alla Fabbrica delle Candele, oggi nulla di più che un locale come gli altri, forse appena più alternativo:un divertimentificio pseudo-culturale fine a se stesso che si va ad affiancare a quello prodotto dai tanti pub, circoli e discoteche della romagna. Noi vogliamo di più! Un altro fattore determinante per noi è la questione abitativa. Sin dall'inizio, infatti, abbiamo voluto non separare questa dalle altre necessità alla base del continuare l'occupazione. In una città, ed in una società, in cui gli sfratti sono sempre di più, la questione abitativa diviene materia di ordine pubblico (le tante ordinanze anti-degrado ne sono una testimonianza) e chi non ha i soldi per affittare un pur piccolo appartamento viene scaricato alla Caritas (salvo poi dover pagare 150 euro allo scadere del 15esimo giorno e dover esibire un contratto di lavoro), la riappropriazione degli spazi non è un capriccio, ma è vitale. Di fatto, dopo l'avvenuto sgombero del MaceriA, diverse persone si ritrovano nuovamente senza un tetto sulla testa, a Gennaio, in pieno inverno. Statene pur certi, ci ricorderemo per sempre dei responsabili (gli stessi che hanno concorso alla morte di Franco due anni fa, sfrattato e morto di freddo mentre dormiva in un parcheggio in città). Le persone che hanno attraversato il MaceriA, giovani e meno giovani, tutti accomunati da una gioventù di spirito e di energia, hanno sentito e provato sulla propria pelle la condivisione e la conoscenza reciproca, senza nessun ruolo imposto ma con la volontà di sperimentare con gioia un percorso di liberazione personale ed in comune, libero da logiche di partito, di autorità, di mercato, o di spettacolo fine a se stesso. Un percorso di liberazione che ha riempito i cuori e che certo non terminerà con lo sgombero che riconsegna alla polvere e all'anonimato quel palazzo di tre piani, vissuto con un'intensità tale che nessuno ci potrà mai togliere. In un mese e mezzo sono tante, troppe da elencare, assieme alle persone, le iniziative che queste hanno condiviso assieme (assemblee, discussioni, dibattiti, pulizie, letture, cineforum, mostre, pitture, corsi, cene e pranzi vegan, recupero cibo, partite a scacchi, a carte, feste, baci, bevute di buon vino...). Iniziative e vita vissuta. Perchè non esiste separazione tra le due cose. La prospettiva è ora di continuare nelle strade, come abbiamo sempre fatto, per riprenderci ciò che lo Stato, i suoi sgherri e le leggi ad esclusivo interesse dei ricchi benestanti ogni giorno provano a sottrarci, fino a che non ci verrà voglia di riappropriarci ancora di un altro spazio fisico. Perchè le idee non si sgomberano. Tutto continua.

 GLI OCCUPANTI DEL MACERIA

giovedì 10 gennaio 2013

ANTIPSICHIATRIA
(PARTE SECONDA)

Sicilia, 2007:un viaggio dentro strutture psichiatriche e psichiatria della durata di quasi due ore, le quali almeno per quanto mi riguarda "scivolano via" grazie ad un ritmo mai noioso e ad un linguaggio fluido, semplice e diretto. Dall'autoritario svolgimento delle pratiche di "cura" al loro carattere discriminatorio, dalla critica sull'esistenza della malattia mentale al "Trattamento sanitario obbligatorio" (che non dovrebbe mai essere attuato, legalmente o meno che sia), alla cultura capitalista e/o comunque fondata sul dominio dell'uomo sull'uomo della quale la psichiatria ne è sia l'ovvia appendice, sia l'altrettanto ovvia sostenitrice...A seguire, una parte di scritti che negli ultimi tempi ho "racimolato in giro" (gli altri li pubblicherò più avanti), un approfondimento sul suddetto T.S.O. tramite scheda (pubblicata alla "fonte" qualche anno fa, ma suppongo sia ancora attuale) ed un video al riguardo con una testimonianza di una donna che (in un piacevole "romano verace") prese parola al "Mad Pride" (Mad=pazzo) di Milano (2011), del quale comunque non so nè da chi e come è stato organizzato, nè il modo in cui si è svolto, nè la durata. Consiglio infine di vedere i due documentari "Senza ragione" e "Code di lucertola".

A.




UN MESSAGGIO DI SPERANZA AI SOPRAVISSUTI DELLA PSICHIATRIA 


Se potete pubblicare sul sito antipsichiatrico il mio messaggio alle persone che ancora sono dentro a questo orribile tunnel...un metodo per sfuggire c'è...sembra ridicolo ma io racconto la mia storia personale. Mi sono dovuta nascondere per anni, scappando da una città all'altra, pur di non essere braccata dalle siringhe e dalle pillole misteriose dei medici mi sono improvvisata un giorno barista, un mese impiegata, un altro anno commessa..ho chiuso i contatti anche con i miei famigliari, perchè i parenti purtroppo sono la prima scorciatoia che i medici usano per farti rientrare dentro il circolo vizioso, giocando sull'ignoranza e sul posto appunto che conservano di lavoro, basta una semplice telefonata a casa tua da uno di questi mercenari, anche mentre tu sei a comperarti in quel momento un cd o fare la spesa, che ti ritrovi negli abissi degli psicofarmaci. Rischiare è l' unica cosa, ma è un rischio che ne vale la pena...se si smettono i farmaci di colpo, non abbiate timore...non c' è tortura peggiore che una convulsione da farmaco ogni 10 giorni e bava alla bocca. Piuttosto che alzarsi alla notte e sognare ancora questi vampiri che ti tengono con la forza per infilarti aghi nelle braccia...non è importante se nessuno sa dove siete, no lo sapevano comunque nemmeno prima...qua fuori non siamo soli, in verità ci sono tanti di quei sopravvisuti che girano che nemmeno lo possiamo immaginare, ma questo non importa, la cosa che importa è che più lottiamo per combattere la psichiatria più lei vince...il buio l' abbiamo già visto per tanti anni, non resta che ritrovare la luce...qualunque cosa vi inventate, andrà sicuramente bene, perchè lontano dagli psichiatri tutto torna profumare di muschio bianco.

"IL DIRITTO ALLA FOLLIA"

(...FINCHE' IL "MEDICO" LE CHIESE SE RITENESSE DI ESSERE STATA AIUTATA)


Paziente:No, non lo penso. "Medico":Che tipo di trattamento ha ricevuto qui? Paziente:Lobotomia e terapia di shock. "Medico":Pensa che le siano state d'aiuto oppure che abbiano rappresentato soltanto una tortura? Paziente:Penso che siano state una tortura.(...) Farei molto meglio se l'ospedale mi liberasse. "Medico":Cosa intende quando dice mi liberasse? Paziente:Beh (...) Non sei mai veramente libera. "Medico":Ma se lei rimanesse qui con una posizione di lavoro, sarebbe libera di andare e venire secondo gli orari. Sarebbe esattamente come un lavoro. Paziente:No. Voi continuereste a controllarmi, se rimanessi qui. "Medico":Intende dire che noi qui controlliamo la sua mente? Paziente:Voi potete non controllare la mia mente, ma io in realtà non possiedo una mente mia. "Medico":Cosa direbbe se le offrissimo una posizione di lavoro a...? Sarebbe libera in quel caso? E' un posto molto lontano da qui. Paziente:Qualunque posto avrebbe la stessa struttura di questo. Non sei mai veramente libera; sei sempre una paziente e chiunque sia, che lavori con te, ne è al corrente. E' difficile sfuggire al controllo dell'ospedale. "Medico":Questa è la dichiarazione più paranoica che abbia mai sentito.

(OVVIAMENTE, LA PAZIENTE NON FU MAI DIMESSA)


CHE COS'E' IL T.S.O.


Il Trattamento sanitario obbligatorio è l'erede della coazione e della violenza che ha sempre contraddistinto fin dalla nascita la "scienza psichiatrica", la quale fonda la sua azione sull'uso della forza per piegare coloro che non si vogliono sottomettere a determinate diagnosi/etichette e (mal) trattamenti. La legislazione italiana, infatti, dopo lo smantellamento delle strutture manicomiali, ha mantenuto ciò che ne costituiva le fondamenta:il trattamento coatto. Di seguito, quindi, una sintesi schematica delle procedure e dei "diritti" che regolano il T.S.O. in modo tale da renderlo maggiormente conoscibile, ma come già detto rimane comunque di per sè un abominio che un individuo possa esservi sottoposto, e tali "diritti" possono essere interpretati come principio di libertà soltanto da chi, offuscato e a capo chino, pensa che libertà significhi che vi sia sempre qualcuno o qualcosa che in cambio di qualche zuccherino per noi e di noi in un modo o nell'altro decida, zuccherino che altro non è che, appunto, il cosiddetto "diritto":dal sistema si dipende, dal sistema si accattona...


"SCHEDA"


COSA E' - Ricovero psichiatrico coatto (contro la nostra volontà). CHI LO DISPONE - Il sindaco del comune di residenza o presso cui ci si trova. CHI LO PROPONE - Un medico (non importa se psichiatra o meno, appartenente alla struttura pubblica o privato). CHI LO CONVALIDA - Un medico operante nella struttura sanitaria pubblica (spesso l'ufficiale sanitario). QUANDO PUO' ESSERE FATTO - Quando i due medici di cui sopra dichiarano che la persona è affetta da alterazioni psichiche tali da doversi attivare urgenti "interventi terapeutici" (vedi imprigionamento e/o imbottimento di psicofarmaci), che la stessa rifiuta tali interventi, che non esistano alternative extraospedaliere al ricovero. CHI VIGILA - Il giudice tutelare competente nel territorio del comune che ha disposto il T.S.O. (generalmente operante presso le preture). A lui il sindaco deve inviare, entro 48 ore dalla firma, il provvedimento corredato dalle certificazioni mediche. Il giudice tutelare, assunte le informazioni del caso può convalidare o non convalidare il ricovero. DOVE PUO' ESSERE EFFETTUATO IL RICOVERO - Solo presso i reparti psichiatrici istituiti negli ospedali civili.QUANTO DURA - Sette giorni, rinnovabili con provvedimento del sindaco su proposta del primario del reparto psichiatrico. CHI VIGILA SUL RINNOVO DEL T.S.O. - Il giudice tutelare. A lui il sindaco manda il provvedimento di proroga del T.S.O. per la convalida. CHE "DIRITTI" ABBIAMO - 1. Possiamo avere la notifica del provvedimento di T.S.O. In assenza di questa notifica nessuno può obbligarci a seguirlo o ad assumere terapie (esclusi i casi di comportamenti penalmente rilevanti e i casi in cui si ravvisano gli estremi dello stato di necessità) 2. Possiamo presentare ricorso avverso al T.S.O. al sindaco che lo ha disposto. Questo ricorso può essere proposto anche da chi ne ha interesse (familiari, amici, associazioni). Per ridurre i tempi conviene inviarne una copia al giudice tutelare, specie se il ricorso parte entro le prime 48 ore dal ricovero (quando presumibilmente lo stesso non ha ancora convalidato il provvedimento) 3. Possiamo avanzare richiesta di revoca al tribunale, chiedendo la sospensione immediata del T.S.O. e delegando, se vogliamo, una persona di nostra fiducia a rappresentarci al processo 4. Possiamo scegliere, ove possibile, il reparto presso cui essere ricoverati 5. Abbiamo diritto di conoscere le terapie che ci vengono somministrate e di poter scegliere fra una serie di alternative; 6. Possiamo comunicare con chi riteniamo opportuno 7. Abbiamo diritto di essere rispettati nella nostra dignità psichica e fisica (c'è da "ridere":una contraddizione in termini, n.d.r.). Anche se sottoposti a T.S.O. nessuna contenzione fisica può esserci applicata, se non in via eccezionale e per il tempo strettamente necessario alla somministrazione della terapia. Gli atti di contenzione di natura punitiva sono reati penalmente perseguibili 8. Possiamo dettare nella nostra cartella clinica ogni informazione riguardante il nostro stato di salute e i trattamenti che riceviamo 9. Possiamo conoscere i nomi e la qualifica degli operatori del reparto (essi devono indossare cartellini di riconoscimento).



mercoledì 9 gennaio 2013

GENOVA:PRESIDI SOTTO AL TRIBUNALE E IN VALBISAGNO

Mercoledì 12 Dicembre la Digos di Genova ha notificato 11 misure restrittive, arresti domiciliari e obbligo di firma. L’operazione è partita su ordine del GIP Marina Orsini e su richiesta del procuratore aggiunto, Vincenzo Scolastico. Tre compagni ed una compagna si sono trovati agli arresti domiciliari per 16 giorni fino al giorno del Riesame, in cui è crollato il teorema accusatorio. 6 compagni sono ancora costretti ad andare a firmare in questura due volte al giorno. I fatti contestati riguardano una vivace resistenza allo sgombero della casa occupata Giustiniani 19, avvenuto il 7 Agosto 2012. Oggi come ieri, solidarietà a tutti gli amici e compagni colpiti dalla repressione! GIOVEDI' 10 GENNAIO, ORE 9 - Presidio al tribunale del riesame contro gli obblighi di firma e il daspo (Piazza di Portoria 1, nei pressi della Rinascente). SABATO 12 GENNAIO, ORE 15:30 - Presidio in Valbisagmo (concentramento al C.S.A. Pinelli, Via Fossato Cicala 22).

PER ANDARE AVANTI SENZA LASCIARE INDIETRO NIENTE E NESSUNO!

martedì 8 gennaio 2013

IERI MATTINA, DOPO OLTRE 45 GIORNI DI

OCCUPAZIONE, E' STATO SGOMBERATO IL MACERIA

OCCUPATO A FORLI'.

QUI UNA BREVE INTERVISTA AD UN OCCUPANTE:
http://radioblackout.org/2013/01/sgomberato-il-maceria-a-forli/
PALERMO:RESOCONTO DEL PRESIDIO ANTICARCERARIO PER MADDA AL PAGLIARELLI

Il 14 Dicembre ci siamo ritrovati sotto il carcere Pagliarelli di Palermo per esprimere la nostra solidarietà e infondere coraggio alla compagna detenuta Madda e a tutti i prigionieri, urlando il disprezzo contro ogni tipo di gabbia e contro tutti gli aguzzini. Dopo mezz'ora di cori e botti in una stradina adiacente al complesso carcerario, un nutrito gruppo di polizia penitenziaria ha fatto la sua comparsa, pistola alla mano, per tentare di spegnere quella scintilla di solidarietà verso gli oppressi e di rabbia contro gli oppressori. L'arroganza che accomuna tutte le guardie non ci ha scoraggiato, anzi abbiamo continuato ad intonare cori per chi, a pochi metri di distanza, ci ascoltava da dietro le odiate sbarre. Con l'atteggiamento intimidatorio che li contraddistingue, i servi in divisa hanno proceduto ad identificazioni e perquisizioni, alle quali è seguito un trasporto coatto all'interno del carcere di tutti noi partecipanti al presidio, venendo poi rilasciati dopo appena un paio d'ore. Se i cani da guardia dello Stato credono di aver messo a tacere le nostre voci, di aver sopito i nostri spiriti in rivolta, di aver spento almeno per un pò quella luce che anima i nostri cuori e mai ci abbandona, si sbagliano:la loro volontà di reprimere ci ha soltanto resi più determinati nel voler abbattere ogni prigione, sempre in lotta contro l'esistente che le produce.
MADDA LIBERA! TUTTI LIBERI!
FUORI TUTTI DALLE GALERE! DENTRO NESSUNO SOLO MACERIE!


Individualità contro il carcere
TUTTI AL TRIBUNALE PER SALUTARE SGHIGNO!
Il 14 Gennaio, al tribunale di Catania, si terrà la prima udienza del processo farsa che vede coinvolti quattro compagni anarchici, accusati di imbrattamento e deturpazione del centro storico catanese. Tra gli imputati c'è Giuseppe Lo Turco detto “sghigno”, già da mesi rinchiuso nel carcere di Alessandria poiché coinvolto nell'operazione “Ardire”. Ci troveremo davanti al tribunale di Catania di Via Crispi dalle 8 della mattina, per far sentire la nostra solidarietà e il nostro calore a chi, pur colpito dalla repressione, non smette di lottare!
Anarchiche e anarchici catanesi
GIOVEDI' 10/01, DALLE 15, PRESIDIO DAVANTI ALLA SEDE DI ASTRAZENECA IN VIA SFORZA A BASIGLIO (MI)

Una protesta importante in solidarietà con la campagna portata avanti in Svezia. Questi 400 cani possono essere salvati, dipende anche da noi! Giovedì 10 ci troveremo davanti alla loro sede italiana per dare voce agli animali vittime della vivisezione e aumentare la pressione internazionale su questa azienda (se vuoi partecipare porta un cartello fatto scaricando questo file e stampandolo in formato A3:http://www.mediafire.com/view/?zzqab4mdjgd93vg). La multinazionale farmaceutica AstraZeneca negli ultimi anni ha ridotto le sue operazioni in Svezia e ridotto quindi anche gli esperimenti sugli animali. Sembra che l'utilizzo di cani sia terminato, e infatti l'allevamento privato di beagle di proprietà di AZ ad Örkelljunga verrà chiuso a breve, ma le fotografie e i video diffusi da Djurrättsalliansen provano che sono ancora presenti dei beagle nelle gabbie di questo centro di riproduzione. Si tratta di 400 beagle che non sono stati utilizzati negli esperimenti e che AZ vuole trasferire verso un suo laboratorio inglese. Da una settimana è stata lanciata una campagna per salvare questi cani e farli adottare. AstraZeneca non vuole darli agli animalisti e si è inventata scuse, come quella che i cani da laboratorio non sarebbero recuperabili e riadattabili, anche se pare che già una parte (circa 80 adulti) siano stati dati in adozione alle famiglie dei dipendenti dell'azienda.

domenica 6 gennaio 2013

VENERDÌ 18 GENNAIO, DALLE 20:30, AL KINESIS (VIA CARDUCCI N. 3, TRADATE - VARESE) PROIEZIONE GRATUITA DEL DOCUMENTARIO "NEI SECOLI FEDELE"* ("IL CASO DI GIUSEPPE UVA"). DOPO LA PROIEZIONE INTERVERRA' LUCIA UVA, SORELLA DI GIUSEPPE

La notte del 14 Giugno 2008 Giuseppe Uva viene fermato dai carabinieri Dal Bosco e Righetto di Varese e portato nella caserma di Via Saffi, insieme al suo amico Alberto (sono presenti anche degli agenti di polizia). Ed è proprio Alberto a richiedere i primi soccorsi al 118, quando sente il suo amico gridare "Ahi! Ahi! Basta!", ma l’operatore all’altro capo del telefono, dopo averlo rassicurato "Va bene, adesso mando l’ambulanza", chiama in caserma e si accorda coi carabinieri per non inviare alcun aiuto:"Sono due ubriachi, ora gli togliamo il cellulare". Saranno poi gli stessi carabinieri, poche ore dopo, a chiamare una guardia medica, che richiederà all’Ospedale di Circolo di Varese di effettuare un T.S.O. (Trattamento Sanitario Obbligatorio). Il corpo di Giuseppe è pieno di lividi, il suo naso è rotto, i suoi testicoli sono blu, la sua pelle è segnata da alcune bruciature di sigaretta, dal suo ano esce del sangue che forma una grossa macchia sui pantaloni, ma non viene curato per le lesioni e niente di tutto ciò viene trascritto sui documenti del ricovero. Gli vengono però somministrati dei tranquillanti. Egli inoltre racconta alla psichiatra di essere stato brutalmente pestato in caserma: ma da parte dell’ospedale non parte nessuna denuncia. La stessa psichiatra aspetterà ben tre anni e mezzo per raccontare queste tragiche parole di Giuseppe, probabilmente le sue ultime. Tutti fingono di non vedere, di non sapere. Tutti fingono che tutto ciò sia normale. Anche quando Beppe, dopo poche ore, muore. E infatti, nonostante il suo corpo presenti evidenti segni di violenza la magistratura sceglie di indagare solo un paio di medici, attribuendo la morte di Uva ad una errata somministrazione di farmaci, e non a quanto avvenuto in precedenza in caserma. Ma le perizie smentiscono questa ipotesi:Giuseppe non è morto a causa dei farmaci, che in nessun caso potevano ucciderlo; le cause della sua morte sono invece da ricercarsi in un mix di fattori, fra cui le misure di contenzione ed i traumi da corpi contundenti che ha subito. Nonostante questo, ad oggi nessun carabiniere o poliziotto è indagato per quanto accaduto e l’unico testimone presente quella notte non è mai stato sentito dal giudice. La verità su quanto accaduto, è ormai sotto gli occhi di tutti. Carabinieri, Polizia di Stato, Magistratura, 118, Pronto Soccorso, Reparto di psichiatria:la sintonia con cui hanno agito o lasciato agire è il risultato di comportamenti ed abitudini a lungo tramandate. Le responsabilità per la morte di Giuseppe non possono essere ricondotte al singolo gesto, al singolo uomo, al singolo momento. Esse piuttosto perdurano nel riprodursi continuo di gesti di dominio e sottomissione. La violenza, di tutti gli sbirri di tutto il mondo, è resa possibile solo dal collaborazionismo, dall'indifferenza, e dal silenzio di tutti quegli altri che nella loro complicità si fanno un po' sbirri anch'essi. Ma aldilà di ogni democratico tribunale (o divino, o politico) cui non chiediamo giustizia, crediamo che l'assassinio di Giuseppe ci riguardi tutti. Così come la storia antica e comune della violenza di coloro che si sono resi forti grazie alla collaborazione di alcuni fra i presunti deboli. Così come la comune necessità di riscossa contro gli oppressori e i loro sgherri. Adesso.

*NEI SECOLI FEDELE ricostruisce le ultime ore di vita di Giuseppe, la battaglia per la verità portata avanti dalla sorella Lucia e la conseguente vicenda giudiziaria. Inoltre, attraverso le voci dei suoi amici e parenti, restituisce la figura di Beppe al suo ambiente, ai suoi luoghi, alle sue abitudini, alla sua dignità continuamente negata dalle istituzioni dopo la sua morte.